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La Fondazione aderisce all’appello per la mobilitazione contro l’Apartheid Israeliana

palestine - alessandro ciccarelli
La Fondazione Lelio e Lisli Basso aderisce all’appello dei sindacati e della società civile palestinese che ha indetto una settimana di mobilitazione contro l’Apartheid Israeliana in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale promossa dalle Nazioni Unite che ogni anno si celebra il 21 marzo.

La lotta contro le discriminazioni è di perenne attualità, ma in tempi recenti, in varie parti del mondo, come in Myanmar e in India, si verificano veri e propri rigurgiti di fenomeni di razzismo, xenofobia e intolleranza trainati dall’avanzata di politiche sovraniste o criptofasciste che contestano apertamente i valori dell’uguaglianza e dell’universalità dei diritti umani.

In questo contesto particolarmente preoccupante è l’aggravarsi della situazione di oppressione, di discriminazione e di negazione diffusa dei diritti umani individuali e collettivi del popolo palestinese, la quale impedisce ogni soluzione ragionevole del conflitto.

La convivenza pacifica fra le nazioni non può che essere fondata sull’uguaglianza e sul riconoscimento della pari dignità. Il diritto internazionale assicura quell’equilibrio degli interessi e dei diritti che è essenziale per garantire la pace e la giustizia.

Il c.d piano di pace concepito dal Presidente degli Stati Uniti sancisce l’umiliazione e la discriminazione del popolo palestinese, rendendola perpetua attraverso la negazione del diritto internazionale e del principio sancito dalle Nazioni Unite dell’uguaglianza dei popoli e del loro diritto alla libertà e alla dignità. Esso spoglia il popolo palestinese del territorio che la Comunità internazionale aveva riconosciuto ai palestinesi nel quadro di una soluzione pacifica del conflitto e confina la popolazione in una serie di Bantustan sul modello delle entità create in Sud Africa dal regime dell’apartheid, mentre la popolazione palestinese che vive all’interno di Israele viene sempre più discriminata per il carattere confessionale assunto dallo Stato.

Nel giorno in cui si celebra la fine del regime dell’apartheid in Sud Africa, non si può restare indifferenti di fronte al progetto di creare di nuovo una situazione di oppressione e discriminazione nei confronti di una popolazione già vessata da oltre cinquant’anni di occupazione militare, mutilata di risorse e di diritti, seppellendo per sempre ogni prospettiva di pace fondata sulla giustizia.

La congiura del silenzio contro questa scandalosa ingiustizia perpetrata ai danni del popolo palestinese da parte della comunità internazionale, e in modo tanto più grave dagli Stati dell’UE, si configura come una esplicita connivenza, intollerabile per democrazie che vogliano essere coerenti con i propri impegni costituzionali e priva di credibilità un diritto internazionale che diventa semplice spettatore della trasformazione dei popoli in merce di scambio ed in vittime senza diritti, di vita, di identità , di autodeterminazione.

L’Unione Europea ed i suoi Stati non possono stare a guardare. Quanto succede al popolo palestinese e ai popoli del Medio Oriente è la sperimentazione di un mondo in cui la logica e le alleanze dei poteri e degli interessi economici, politici, strategici cancellano i presidi della legalità internazionale.

Chiediamo che il Consiglio, la Commissione ed il Parlamento europeo respingano il piano Trump e adottino tutte le iniziative più opportune perché si giunga alla pace attraverso il diritto e i diritti umani e dei popoli.

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