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[ebook] Riformabilità o irriformabilità del Capitalismo? La ricostruzione della sfera pubblica nella crisi permanente

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Presentazione
di Fabrizio Mastromartino

Tra le molte forme che il capitalismo può assumere, quella odierna è forse la più inadeguata per la realizzazione del benessere sociale.
La deregolamentazione costruita a immagine di un regime economico gerarchizzato, modellato sulla libertà di circolazione dei capitali talora associata a un sistema di cambi fissi, ha determinato l’avvento di un ordine globale fondato sulla competizione. È una grande disfida, tutta orientata ad attrarre capitali sempre più mobili e sfuggenti, che variamente comporta una competizione fiscale (potenzialmente distorsiva della concorrenza nel mercato), una corsa al surplus commerciale (prevedibilmente insostenibile per il Pianeta) e una gara al ribasso nella tutela dei diritti del lavoro e nella difesa dell’ambiente (in una spietata “concorrenza tra ordinamenti”).
Questo sistema capitalistico, dominato da una finanza non più vettore di investimenti produttivi bensì motore di sfrenati antagonismi regionali e internazionali, genera poi ulteriori effetti che ne costituiscono il contrassegno come altrettanti suoi fenomeni strutturali: ricorrenti stagnazioni, aumento della disoccupazione e della precarietà del lavoro, crescita delle diseguaglianze. Il tutto alimentato da un’irresistibile concentrazione del potere che procede con la rapidità e la voracità dell’accumulazione finanziaria: un’accumulazione che segue «i tempi […] delle scommesse», giocate in un “mercato d’azzardo” il cui perimetro, attraverso i derivati, si estende ben oltre i titoli azionari, alle oscillazioni delle valute e perfino dei prezzi delle materie prime.
Questo capitalismo della speculazione fine a se stessa, «si nutre di enormi bolle destinate inevitabilmente a scoppiare», come è avvenuto con la recente crisi del debito privato, trasformata – con il “salvataggio” delle banche – in crisi del debito pubblico, che ha costretto gli Stati a rivolgersi proprio al luogo d’innesco della crisi, il mercato finanziario, per vendere i propri titoli di Stato allo scopo di coprire i propri debiti pubblici. In forza del potere acquisito dalle grandi imprese, soprattutto grazie alla deregolamentazione finanziaria, sono quindi cambiati i rapporti tra politica ed economia: la prima, anziché indirizzare e irreggimentare la seconda, le obbedisce piegandosi agli interessi dei mercati, così assecondando, se non favorendo, la formazione di assetti sociali sempre più oligarchici e potenzialmente distruttivi del regime democratico.
Su questo capitalismo, saldamente radicato nel sistema economico globale ancorché in crisi, e sulle sue possibili prospettive di riforma, la Fondazione Basso – insieme alla Fondazione Ebert – ha invitato a riflettere, organizzando il seminario internazionale dal titolo “Riformabilità o irriformabilità del Capitalismo? La ricostruzione della sfera pubblica democratica nella crisi permanente”, che si è svolto a Roma nei giorni 19-20 febbraio 2015. Gli interventi raccolti in questo volume – di Paolo Borioni, Francesco Garibaldo, Edoardo Reviglio, Roberto Schiattarella, Salvatore Biasco, Vladimiro Giacché, Vincenzo Visco, Pierluigi Ciocca, Luigi Ferrajoli, Stefano Petrucciani, Walter Tocci, Bruno Théret, Gaetano Azzariti, Luca Baccelli e introdotti da Laura Pennacchi – riproducono le relazioni di cui gli autori hanno trasmesso i testi scritti.
Per superare l’odierno modello neoliberale, la cui acritica riaffermazione assume oggi – davanti alla sua crisi inequivocabile – un carattere teologico, una riforma radicale del capitalismo appare non solo possibile ma anche necessaria.
Alla “ragione” dell’imperante lex mercatoria, mera espressione del potere dei più forti, deve sostituirsi una rinnovata ragione giuridica in grado di imbrigliare i poteri selvaggi che dominano la “società di mercato”, riportando l’economia, e la sua dimensione finanziaria, sotto il controllo del diritto.
È insomma urgente che la politica, recuperando il proprio ruolo di guida della società, progetti e realizzi un’efficace disciplina giuridica del capitalismo, imponendo ai poteri del capitale regole e controlli nel segno di un nuovo multilateralismo globale: bisogna tendere a un’armonizzazione dei singoli ordinamenti nazionali, attraverso unificanti convenzioni internazionali, innanzitutto in materia di regolazione fiscale.
Per quanto questa possibilità sembri oggi assente nell’offerta politica, vi sono le condizioni per «riconquistare l’immaginario del cambiamento»8, che una “sinistra” ostaggio delle sirene dei mercati ha per decenni lasciato alla dottrina neoliberale. Occorre mettere a fuoco i fini fondamentali, tornando a guardare al sistema economico non già come un mezzo per l’affermazione della potenza dello Stato, ma come uno strumento per la realizzazione del benessere degli individui, oggi minacciato – forse per la prima volta nella storia dell’umanità – da catastrofi che rischiano di coinvolgere tutti9. È quello che Luciano Gallino ha chiamato il «problema del destino umano […] quello di evitare all’umanità, in un futuro che si avvicina rapidamente, il fosco destino che l’aspetta se non provvede quanto prima a riparare i guasti da essa stessa apportati al sistema ecologico»

 

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