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Le leggi razziali compimento del fascismo

In occasione del Giorno della memoria proponiamo stralci di un articolo di Enzo Collotti pubblicato sul quotidiano “il manifesto” del 27 gennaio 2018. Un modo per ricordare, insieme al 77° della liberazione di Auschwitz, anche il grande storico, già vicino a Lelio Basso e alla Fondazione

Le leggi razziali compimento del fascismo

– Enzo Collotti, 27.01.2018

Quest’anno il Giorno della Memoria coincide con la ricorrenza dell’ottantesimo anniversario
della promulgazione delle leggi contro gli ebrei dell’Italia fascista. Promulgazione ad opera
di quel sovrano Vittorio Emanuele III al quale, se non altro per questa ragione, devono
essere precluse le porte del Pantheon.
Come giustamente ricorda una importante pubblicazione edita l’anno scorso in Germania
per gli ottanta anni dalle leggi di Norimberga, fu una iniziativa tutta italiana senza che vi
fosse alcuna pressione da parte del Reich nazista, come si ostina a ripetere qualche tardo
estimatore di Benito Mussolini.
Tutto quello che si può dire in proposito è che nell’Europa invasa dall’antisemitismo, l’Italia
fascista non volle essere seconda a nessuno, ossessionata come era, fra l’altro, dallo
spettro della contaminazione razziale.
Frutto avvelenato dell’appena conquistato impero coloniale e della forzata coabitazione con
i nuovi sudditi africani.
Come tutti i neofiti, anche il razzismo fascista ebbe il suo volto truce. La «Difesa della
razza», l’organo ufficiale del regime che ebbe come segretario di redazione Giorgio
Almirante, ne forniva la prova in ogni numero contraffacendo le fattezze fisiche degli ebrei
o rendendo orripilanti quelle delle popolazioni nere.
Il tentativo di fare accreditare l’esistenza di una razza italiana pura nei secoli aveva il
contrappasso di dare una immagine inguardabile delle popolazioni considerate
razzialmente impure. L’arroganza della propaganda non impedì che essa facesse breccia in
una parte almeno della società italiana e ancora oggi non è detto che essa si sia liberata
dall’infezione inoculata dal fascismo, come stanno a dimostrare piccoli, ma numerosi
episodi che si manifestano, e non solo negli stadi.
Non bisogna fra l’altro dimenticare che non solo tra il 1938 e l’8 settembre del 1943 l’odio
razziale ebbe libero corso, ma che dopo l’armistizio e l’occupazione tedesca la caccia agli
ebrei divenne uno dei principali motivi dell’esistenza della Repubblica Sociale neofascista.
In nome della purezza della razza il regime costrinse a fuggire o mise in campo di
concentramento ebrei che in altre parti d’Europa si erano illusi di trovare un rifugio non
precario entro i confini italiani; ma costrinse all’emigrazione scienziati e intellettuali italiani,
privando il Paese di una componente culturale che, nella più parte dei casi, non avrebbe
fatto ritorno in Italia neppure dopo la liberazione anche a causa degli ostacoli non solo
burocratici alla reintegrazione di quanti erano stati costretti a espatriare e che per tornare a
esercitare il proprio ruolo in patria non avrebbero potuto contare su nessun automatismo.
[…]
Di fatto, ma anche di diritto, si venne a creare una doppia cittadinanza con cittadini di serie
A e cittadini di serie B, preludio dell’ostracismo generalizzato sancito dalla Repubblica
Sociale che proclamò semplicemente gli ebrei cittadini di stati nemici, quasi a dare la
motivazione non solo ideologica per la partecipazione italiana alla Shoah.
[…]

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