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Un saluto a Elmar Altvater

 

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Elmar Altvater, uno dei protagonisti della storia internazionale della Fondazione e del Tribunale Permanente dei Popoli fin dalle sue origini, ci ha lasciato alla vigilia dei suoi ottant’anni. È stato fino in fondo lucido e attentissimo alla storia viva del mondo (al di là della sua lunga e dura esperienza di malattia) e dei sempre più precari percorsi intellettuali e politici di intelligenza e liberazione. Non è certo difficile ritrovare, sui più diversi siti (accademici, politici, di movimenti), la documentazione della sua lunghissima attività: sempre innovativa, permanentemente attenta a tradurre le più rigorose conoscenze tecniche in strumenti di comprensione condivisa delle priorità su cui lavorare collegialmente. Era conosciuto, amato, ricercato come esperto di riferimento (dall’Europa, al Brasile, al Messico…) per il suo radicamento forte in una lettura marxista della storia, così da fornirne chiavi di intelligenza anticipatrici di ciò che via via si annunciava come la successiva necessaria area di ricerca e di lotta. Pur nello stile così diverso di lavoro, è stato uno dei continuatori più lucidi e coerenti, proprio per la complementarietà delle sue competenze disciplinari in economia con quelle giuridiche, del percorso di Lelio Basso negli anni che, negli scenari della globalizzazione, hanno visto il capovolgimento delle priorità nel conflitto tra diritto e diritti ed economia-finanza.

Fondamentale in questa prospettiva il suo ruolo (in stretta connessione con Luciana Castellina) di promozione, su richiesta di un’ampia rete europea di tutti i movimenti, il Tribunale dei Popoli sul Fondo Monetario Internazionale e sulla Banca Mondiale, nella sua Freie Universität di Berlino alla vigilia della “caduta del muro”, e successivamente a Madrid in coincidenza con la entrata in vigore ufficiale della WTO: diagnosticando e pronosticando, con una tempestività ed originalità purtroppo ‘negate’ da tante sinistre, trasformazioni profonde verso un mondo globale con meccanismi di distribuzione e gestione dei poteri che andavano realizzando, per un verso, il passaggio degli Stati e degli attori pubblici in ruoli subalterni e, per altro verso, il progressivo declino nel discorso politico del riferimento dei diritti umani e dei popoli e del diritto internazionale. La sua partecipazione, nella sessione del TPP sulle imprese produttrici di pesticidi (Bangalore, 2011) – esemplare per l’affermata centralità ma anche dell’impunita dei delitti ambientali – e in quelle sul Messico (2011-2014), modello di Stato deviato che si è trasformato, in alleanza con poteri paramilitari e del narcotraffico, in nemico dello stesso suo popolo in nome degli accordi di libero commercio, esprime la sua instancabile “presenza” nel dibattito internazionale sulle tendenze oligarchiche che stanno segnando lo stato del mondo.

Per la Fondazione, da Linda Bimbi alle generazioni di giovani che vi sono passati dal 1980 al 2000, è stato, con grande entusiasmo e gioia di vivere, un grande amico, che dava fiducia, e motivazioni, senza illusioni e perciò senza paura, in un futuro tutto da sperimentare e non da subire.

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