Un ricordo di Salvatore Veca
Un ricordo di Salvatore Veca
La scomparsa di Salvatore Veca lascia un vuoto incolmabile nella cultura e nella politica della Sinistra democratica e libertaria del nostro Paese. La sua figura di studioso e intellettuale militante, partendo da straordinari laboratori di ricerca e di libero confronto come la Fondazione Feltrinelli e la Casa della Cultura, non ha solo contribuito a modellare la coscienza civica di Milano ma ha inciso in modo durevole e profondo sulla stessa sfera pubblica nazionale.
Allievo di due grandi maestri come Enzo Paci e Ludovico Geymonat, il suo percorso intellettuale si è caratterizzato per un intreccio rigoroso di filosofia e teoria politica, che ha dato luogo a un’originale saldatura tra il programma scientifico di Marx e le teorie normative della giustizia.
Lungo questa traccia, egli ha ripreso l’impostazione neocontrattualista di John Rawls – che ha il merito di avere introdotto in Italia promuovendo la traduzione presso Feltrinelli di A Theory of Justice – sviluppandola nella direzione della “libertà eguale” e orientandola verso la prospettiva di una “giustizia globale”. La questione della giustizia – osservava nel 2002 in La bellezza e gli oppressi, uno dei suoi libri più belli e intensi – non può essere serrata nel recinto (oggi si direbbe ‘sovranista’) degli Stati nazionali ma deve piuttosto mettere in rapporto, come aveva intuito Stefano Rodotà, il tema del “diritto di avere diritti” di Hannah Arendt con una “costituzionalizzazione della persona” su scala globale.
È significativo che, in una intervista di qualche anno fa, Veca abbia sentito la necessità di distinguere in modo netto il pluralismo dal relativismo, affermando che la confusione tra i due concetti sarebbe perniciosa al cospetto di quella che Samuel Beckett chiamava la “monotona centralità” del male. Per questo – concludeva – nella prospettiva della “libertà eguale” la memoria del male, il ricordo degli oppressi e dei senza-nome, ha un significato più radicale e profondo della promessa del bene.
Così amiamo ricordare Salvatore. Nel doloroso sentimento della incolmabilità di una perdita. Ma, al tempo stesso, nella consapevolezza che la sua opera, la sua appassionata e ironica intelligenza, la sua accogliente amicizia, lasceranno una traccia indelebile come le battaglie che abbiamo condotto insieme.