[AUDIO] 15-II-2018: “Gyorgy Lukàcs: Reificazione, alienazione e dialettica capitalistica. A partire da “Storia e coscienza di classe”
Giovedì 15 febbraio 2018, ore 14,30 -19,00
Stefano Petrucciani e Vittoria Franco leggono
Gyorgy Lukàcs: Reificazione, alienazione e dialettica capitalistica. A partire da “Storia e coscienza di classe”
Coordina: Laura Pennacchi
“Vivere la democrazia, costruire la sfera pubblica”
una scuola per la buona politica
2018
Letture politiche del primo Novecento
(dai classici ai classici)
Riprendiamo anche per questa edizione la scelta di proporre letture
di oggi dei classici di ieri. La selezione di quest’anno ruota attorno
alla svolta epocale rappresentata dalla prima guerra mondiale per
l’identità dell’Europa e l’egemonia stessa, allora apparentemente
consolidata, del pensiero occidentale. Con il progredire delle ricerche
storiche (anche per l’occasione del centenario) la frattura della prima
guerra mondiale appare decisiva (ben più della seconda) per comprendere
l’intero Novecento, sia nei suoi aspetti strettamente politici – i
confini (infra e extra europei), le rivoluzioni, i totalitarismi – che
per quelli economico sociali (la ‘grande trasformazione’).
I classici – Weber, Lukàcs, Gramsci, Simmel, Bloch, Dewey – che hanno
vissuto e interpretato (in Europa e negli Usa) le drammatiche fratture
della prima guerra mondiale, della crisi dell’Europa e del suo pensiero,
degli anni Venti e Trenta del secolo scorso (segnati da populismi,
xenofobie, razzismi poi sfociati nelle tragedie del nazismo e dei
totalitarismi) possono offrirci fonti preziose per il “pensiero”
necessario a fronteggiare l’“interregno” nel quale oggi siamo immersi.
La fenomenologia del presente ha caratteri inediti ma anche antichi, che
reclamano un’attrezzatura concettuale in grado di interpretare in
termini storico-strutturali il passaggio d’epoca in corso. D’altro
canto, l’interazione teoria/storia ci consente di far funzionare la
teoria in due sensi: come quadro sintetico di ciò che possiamo ritenere
di sapere e come guida a ciò che abbiamo bisogno di sapere.
Siamo convinti che la sola relazione vitale e feconda con i classici è
quella che parte da noi stessi: dai problemi e dalle sfide della
contemporaneità. I peggiori nemici dei classici, ha scritto una volta
uno storico del pensiero antico, sono proprio coloro che ne enfatizzano
la perennità. “Classici” sono quei testi che ci chiamano in causa, che
ci interpellano non solo genealogicamente ma prospetticamente,
non solo in rapporto alla nostra origine ma nel nostro presente e nella
prospettiva del futuro. Il rapporto dei classici con noi non ha luogo,
dunque, nei termini dell’“attualità”: essi ci vengono incontro, come una
memoria del futuro, ogni volta che ci interroghiamo criticamente
sull’“oggi”, sul tempo in cui ci accade di vivere e operare. Un
classico, ha osservato Italo Calvino, relega l’attualità a rumore di
fondo, ma è anche ciò che persiste come rumore di fondo quando
l’attualità la fa da padrona. Ma vi è di più. Il richiamo ai classici ha
sempre svolto una funzione decisiva nelle fasi storiche di crisi e di
passaggio come quella in cui ci troviamo immersi. Si tratta oggi di
assumerli non come “autorità” ma come “testimoni”: non come emblemi di
un orizzonte statico, di un complesso predeterminato di dottrine, ma
come indicatori di una pluralità conflittuale, di una dinamica in
costante metamorfosi.