La disuguaglianza come programma
Il regime fascista, che innegabilmente comprese le potenzialità propagandistiche di nuove forme di comunicazione quali il cinema e la radio, fece della stampa un uso più tradizionale, nonostante la professionalità propagandistica di molti suoi esponenti a cominciare dallo stesso Mussolini. Il quotidiano «Il popolo d’Italia» conservava le caratteristiche dei quotidiani dei partiti di massa prebellici. Poco innovative sul piano della comunicazione furono anche le riviste «ideologiche», più o meno culturalmente articolate, che vennero dedicate in larga parte all’impostazione di un modello di società rigidamente anti-egualitario. Il razzismo «scientifico».
Sotto la dittatura, contro la dittatura
Le riviste di Pietro Gobetti, in primo luogo la «Rivoluzione liberale» alla quale Basso collaborò, furono non solo uno dei più importanti strumenti di elaborazione culturale e teorica per chi si preparava a resistere al fascismo, ma anche un vero laboratorio di novità, sul piano editoriale e su quello dei linguaggi di comunicazione, oltre che un punto di incontro fra soggetti di differente orientamento ideale. Un ruolo che sarebbe stato ripreso successivamente dal «socialismo liberale» di Carlo Rosselli. I giornali di partito, pubblicati all’estero e con periodicità diradata, conservano la loro importanza organizzativa, ma ebbero un’influenza limitatissima e non solo per la limitatissima diffusione.
La stampa dei «banditen»
Nella guerra di Liberazione, la stampa era, insieme, un’esigenza vitale e un grande rischio. Fare circolare l’informazione tra i diversi gruppi senza comprometterne la sicurezza , rispondere puntualmente alla sistematica disinformazione dei nazifascismi, erano questioni essenziali peri combattenti. Ma ogni volantino diffuso scatenava una caccia sistematica alle macchine che lo avevano stampato, macchine difficili da nascondere, da trasportare, da sostituire se venivano sequestrate.
Eppure la resistenza italiana produsse molti giornali, oltre ai documenti «volanti»: gli organi dei partiti in via di ricostituzione, che in genere riprendevano le antiche testate, e insieme le espressioni di realtà nuove, prima di tutto le organizzazioni femminili, che aprivano il dibattito su temi in precedenza molto minoritari anche nella sinistra.