[online] 28-I-2022, 15h30: “Informazioni, tecnologie e diritti”
Nell’ambito del ciclo di incontri, sostenuto dal Ministero della Cultura
Saperi speciali e diritti.
Conoscenze specialistiche, democrazia e governo, all’alba del terzo millennio
e in occasione della II edizione del libro
Tecnologie e diritti
di Stefano Rodotà
venerdì 28 gennaio 2022, alle ore 15.30
la Fondazione Basso invita all’incontro
Informazioni, tecnologie e diritti
L’incontro sarà trasmesso in streaming: https://youtu.be/kVVmV7ZsJuE
Partecipano:
Giuliano Amato
Maria Luisa Boccia
Francesca Bria
Maria Rosaria Ferrarese
Giacomo Marramao
Oreste Pollicino
Guido Scorza
Coordina:
Giorgio Resta
Note introduttive
«[…] la vera debolezza del diritto, là dove incontra scienza e tecnologia, non deriverebbe da una inadeguata legittimazione democratica, bensì dal fatto di avere di fronte a sé una tecnica caratterizzata ormai come incremento indefinito della capacità di realizzare scopi, con una crescita infinita della sua potenza, e che si “serve” del diritto estinguendone la capacità di indicare scopi, già pregiudicata dal paradigma positivista adottato per acquisire scientificità. La norma e il diritto muterebbero natura ed avrebbero la sola funzione di impedire tutto ciò che può ostacolare la tecnica nel suo pieno dispiegarsi. Divenuto disciplina strumentale, non espressiva di valori e quindi di criteri ordinanti, si dovrebbe concludere che il diritto è ormai pronto ad accogliere qualsiasi contenuto».
Così scriveva Stefano Rodotà nel 1995, interrogandosi sulla possibile regolamentazione della potenza tecnico-scientifica contemporanea – una potenza che, tra l’altro, punta a “rendere possibile il massimo uso mercantile dell’innovazione”.
Vent’anni dopo, un fisico teorico del calibro di Stephen Hawking sarebbe arrivato ad affermare che i programmi di sostituzione computazionale della mente e del corpo degli umani (anche in attività fondamentali della vita corrente) costituiscono “una grave minaccia per la sopravvivenza stessa dell’umanità”. In quegli stessi anni, Elon Musk – l’imprenditore che sta incrementando il suo primato mondiale di ricchezza, grazie a un progetto di diffusione planetaria della comunicazione digitale – qualificava i programmi connessi con l’Intelligenza Artificiale – paradossalmente – come “potenzialmente più pericolosi del nucleare”.
Sotto la pressione di un’innovazione tecnologica incalzante – specialmente nei settori dell’informatica e delle biotecnologie – gli ordinamenti occidentali vengono chiamati a confrontarsi da vari anni con domande sociali inusitate, con merci e mercati emergenti, con minacce e offese alla privacy, con rischi inauditi di modificazione delle strutture biologiche della persona; e – in definitiva – con sfide esiziali per la stessa democrazia. Infatti, come Rodotà annotava, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono state in grado di assegnare “forme inedite alla politica, creando addirittura sfere pubbliche distinte da quelle costruite attraverso i canali politici tradizionali, e mutando persino la natura delle organizzazioni sociali”. Al tempo stesso, quelle tecnologie sono andate costituendo le premesse per una società della sorveglianza, della classificazione e del controllo; e per una ri-costruzione dei corpi, talvolta sottratta alla discrezionalità e alle intenzioni delle persone che incarnano.
La chiave di una possibile “regolamentazione” della tecnologia – agli occhi di Rodotà – si giocava proprio sull’inviolabilità della persona. E, soprattutto, sull’inviolabilità del suo sostrato generativo: il corpo.
A partire da alcuni requisiti d’ordine generale (accesso alla conoscenza, immunità dalle interferenze, garanzia della libera costruzione della personalità, rispetto della diversità, libertà di comunicazione, liberazione da vincoli proprietari, costruzione di beni comuni), questa regolamentazione avrebbe dovuto precisarsi come salvaguardia dei diritti della persona, e in particolare dei diritti del corpo. Il corpo, per Rodotà, segna infatti i limiti che uno stato democratico non può mai oltrepassare, quando è in gioco il rispetto della persona; così recita, del resto, l’articolo 32 comma 2 della nostra Costituzione. In questo quadro, appariva ai suoi occhi ineludibile il compito di contestare la riduzione a merce del corpo, e delle sue parti, che è un aspetto specifico (e meno discusso) delle tecnologie dell’informazione.
Un groviglio di nodi che ancora ci impegna, a un quarto di secolo di distanza.