23-I-2024, 16h00: “Lenin, a cento anni dalla morte”
23 gennaio 2024, ore 16.00
Sala conferenze Fondazione Basso
L’incontro sarà trasmesso in streaming sul canale YouTube della Fondazione Basso
Lenin, a cento anni dalla morte
Introduce
Maurizio Locusta
Interventi di
Stefano G. Azzarà, Étienne Balibar, Luciano Canfora, Luciana Castellina,
Rita Di Leo, Giacomo Marramao, Jutta Scherrer
Lenin è il partito. Lenin è il marxismo ortodosso. Lenin è la rivoluzione. Lenin è la dittatura del proletariato e la costruzione del primo stato socialista. Incontestabili nella loro evidenza, ciascuna di queste equazioni costituisce anche un problema storico.
Perché, nella vicenda del movimento operaio e dello stesso marxismo, sono esistite altre tradizioni politiche, altre versioni del materialismo storico, altre strategie rivoluzionarie, altre ipotesi di fuoriuscita dal capitalismo.
Ma l’incidenza di Lenin sulla storia del Novecento rimane sorprendente. E non si tratta solo dell’influenza del suo pensiero e della sua azione sulle traiettorie del marxismo. Si tratta anche dell’ampio raggio della sua visione strategica, che non si è mai limitata all’Europa, attraendo nell’orbita della lotta al capitalismo le masse sterminate dei paesi colonizzati.
E tuttavia, a cento anni dalla sua morte, il mondo a cui Lenin ha dato vita non c’è più. L’idea di storia, di azione politica, di rapporto fra teoria e pratica che hanno guidato il suo percorso militante, e anche umano, appaiono lontani dalla sensibilità contemporanea. Eppure, l’epistemologia politica di Lenin, se così si può dire, presenta tratti modernissimi ancora oggi, anche nel suo spazio specifico di autocoscienza.
Il percorso che ha condotto Lenin al centro della storia è stato lungo e complicato. Isaak Babel spiava stupefatto «la misteriosa curva della retta» che ispirava le sue decisioni. Giörgy Lukács ammirava la «catena scientificamente infrangibile dei suoi argomenti». Più semplicemente, Brecht annotava: «Era autorevole, aveva l’autorità che deriva dall’utilità. Era soprattutto un funzionario e lo dimostrava funzionando».
La Biblioteca della Fondazione Basso possiede molti rari documenti che testimoniano, in lingua originale, la ricchezza e la complessità della strada compiuta da questo “funzionario”. La collezione completa dell’Iskra, la prima edizione di Stato e rivoluzione, ma anche documenti del movimento rivoluzionario russo pre-marxista: opere di Herzen, di Cernysevskij, di Tkacev, scritti e pubblicazioni che illuminano il retroterra storico e culturale di cui Lenin si impossessò, fondendolo con un marxismo che si voleva ortodosso, e che però dovette scontrarsi con quello “ufficiale” della Seconda Internazionale, separandosi irreversibilmente da esso e inaugurando una nuova tradizione.
Come parlano al presente questi testi? Cosa resta del «bisogna sognare» che Lenin rubava a Pisarev nel Che fare?, e che, attraversando un secolo, e passando fra piani quinquennali, collettivizzazioni forzate, guerre sanguinose, eroismi e orrori, si mostra alla nostra coscienza deprivata di futuro come una sorta di reperto archeologico?
Nel 1920, tenendo il rapporto del Comitato Centrale al IX congresso del Partito Comunista Russo, Lenin ebbe a ricordare come, ancora alla vigilia della Rivoluzione di Ottobre, il bolscevismo venisse considerato «come una stranezza». Questa stranezza, egli aggiungeva con una punta di quella malizia da mugik che gli era caratteristica, è diventata «un fenomeno mondiale». Ebbene, forse il modo migliore di celebrare il centenario della morte di Lenin è riflettere senza pregiudizi su questa «stranezza». Trattare Lenin come un classico della politica. Smettere di imbalsamarlo fra dogmi o anatemi.
Vorremmo, pertanto, che questo evento fosse l’occasione non solo per un bilancio di un secolo di storia, ma soprattutto per una messa a punto attuale dei conflitti che attraversano la nuova scena del mondo.